Tempio del sole di Konark … da un testo di Jhumpa Lahiri
… Raggiunsero Konark alle due e mezzo. Il tempio, fatto di arenaria, era una struttura piramidale massiccia a forma di carro. Era dedicato al grande maestro di vita, il sole, che lambiva tre lati dell’edificio nel suo viaggio quotidiano attraverso il cielo. Sui lati nord e sud della base erano scolpite ventiquattro ruote gigantesche. Il tutto era trainato da sette cavalli, pronti a spiccare il volo. Mentre si avvicinavano , il signor Kapasi spiegò che il tempio era stato costruito tra il 1243 e il 1255, con il contributo di milleduecento artigiani, dal grande sovrano della dinastia Ganga, re Narasimhadeva I, per commemorare la sua vittoria contro l’esercito musulmano.
«Dice che il tempio si estende su centosettanta acri» aggiunse il signor Das, leggendo dal suo libro.
«Un tempo il fiume Chandrabhaga scorreva un miglio più a nord. Ormai è prosciugato» spiegò il signor Kapasi, spegnendo il motore.Scesero e si incamminarono verso il tempio, fermandosi subito per le fotografie davanti ai leoni sull’ingresso. Il signor kapasi li condusse vicicno a una delle ruote del carro, più grandi di una persona, due metri di diametro.
«Si ritiene che simboleggiano la ruota della vita» lesse il signor Das. «’Rappresentano il ciclo della creazione, mantenimento e realizzazione’. Però». Voltò la pagina del suo libro. «Ogni ruota si divide in otto spicchi, che rappresentano otto parti uguali del giorno. I bordi sono decorati con disegni di uccelli e altri animali, mentre i medaglioni negli spicchi presentano figure di donna in atteggiamento lussurioso, di natura decisamente erotica».
Si riferiva agli innumerevoli fregi di corpi nudi avvinghiati, che facevano l’amore in varie posizioni, donne aggrappate al collo degli uomini, le ginocchia eternamente avvolte attorno ai fianchi dei loro innamorati. C’erano anche scene di vita quotidiana, caccia e commerci, un cervo ucciso con arco e frecce e guerrieri in marcia con le spade in mano.
Non si poteva più entrare all’interno del tempio, perchè negli anni si era riempito di macerie, ma ammirarono l’esterno, come facevano tutti i turisti che Kapasi portava qui, sfilando lentamente lungo i lati. Il signor Das restava indietro a fare fotografie. I bambini correvano avanti, a indicare le figure di nudo, attratti soprattutto dai Nagamithunas, le coppie metà umane e metà serpenti che si diceva, spiegò il signor Kapasi, vivessero negli abissi marini. Il signor Kapasi era contento che apprezzassero il tempio, specialmente che ne fosse colpita la signora Das. SI fermava ogni due o tre passi, a contemplare in silenzio gli amanti colpiti, la processione di elefanti e le musiciste a torso nudo che battevano sui tamburelli.[ … ]
Cercando di non disturbarla, il signor Kapasi andò avanti, per ammirare, come faceva sempre, le tre immagini di bronzo a grandezza naturale di Surya, il dio del sole, che emergevano ciascuna dalla propria nicchia sulla facciata del tempio per salutare il dio all’alba, a mezzogiorno e alla sera. Indossavano elaborati copricapo, chiudevano gli occhi languidi e allungati, il petto nudo drappeggiato da catene e amuleti. Ai loro piedi grigio verdi erano sparsi petali di ibisco, offerti dai precedenti visitatori. L’ultima statua, sul lato settentrionale del tempio, era la sua preferita. Questo Surya aveva l’aria stanca, gli occhi appesantiti dopo una lunga giornata di lavoro, e stava seduto su un cavallo con le zampe piegate. Anche gli occhi del cavallo erano assonnati. Il suo corpo era attorniato da coppie di donne, con l’anca alzata da una parte.
«Chi è quello?» chiese la signora Das. Fu sorpreso di trovarsela accanto.
«E’ Astachala-Surya» rispose. «Il sole calante».
«Quindi tra un paio d’ore il sole cadrà in questo punto?» Sfilò un piede dallo zoccolo, per strofinarsi le dita sull’altra gamba.
«Proprio così».Alzò un attimo gli occhiali da sole, e li riabbassò nuovamente. «Forte».
Il signor Kapasi non era certo del significato della parola, ma sentiva che si trattava di un commento favorevole. Si augurava che la signora Das avesse compreso la bellezza di Surya, la sua potenza.
Testo di Jhumpa Lahiri tratto da L’interprete dei malanni edito da Marcos y Marcos
L’autrice di questo testo è Jhumpa Lahiri scrittrice di genitori bengalesi, cresciuta negli Stati Uniti, ha vissuto a New York e anche a Roma. Con questo libro “Interpreter of Maladies ” tradotto e pubblicato in Italia da Marcos Y Marcos con il titolo L’interprete dei malanni, ha vinto nel 2000 il Pulitzer Prize for Fiction. Altri libri che ha pubblicato in Italia sono: The Namesake (L’omonimo Marcos y Marcos), da cui è stato tratto il film “Il destino del nome“; Unaccustomed Earth (Una nuova terra, Guanda); The Lowland (La moglie, Guanda), e In altre parole (Guanda, 2015).
Il Sun Temple o Tempio del sole di Konark si trova nello stato dell’Orissa nell’India dell’est. Il maestoso Sun Temple è patrimonio UNESCO e come il Taj Mahal è uno dei simboli dell’India. Il tempio sorge a Konark o Konarak a 60 km da Bhubaneshwar (capitale dell’Orissa) e 35 km da Puri. Il tempio è racchiuso da una cinta muraria con entrate sui tre lati, e l’idea è quella del Carro del Sole trainato da sette cavalli, tre sul lato nord e quattro su quello sud (ne sono rimasti solo due) e sostenuto da ventiquattro ruote di più di due metri di diametro, simbolo per alcuni dei 12 mesi dell’anno, per altri delle 24 ore del giorno. Sopra il carro si innalza il Jagamohana, la sala di preghiera dei fedeli oggi non accessibile e riempita di materiale per evitare il crollo della strttura superiore.
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