“L’esile fiamma del drago” di Barbara Crossette
editore EDT
Il libro “L’esile fiamma del drago” è una raccolta di storie e ritratti dei paesi himalayani, anche se l’autrice si concentra principalmente sul Bhutan che è l’ultimo paese buddhista rimasto indipendente e che è riuscito più delle altre regioni confinanti a preservare la sua cultura, storia, tradizioni e costumi. Ma il libro come è espresso meglio nel suo titolo originale “So Close to Heaven: The Vanishing Buddha Kingdoms of the Himalaya” copre tutta l’area himalayana con incursioni in Nepal, Ladakh, Sikkim con accenni anche sul Tibet.
Un tempo l’altopiano del Tibet era davvero un luogo vicino al cielo. Narra la leggenda che, prima che uno sbadato tagliasse una fune miracolosa, da qualche parte, in quel terreno lunare, c’era una scala che conduceva al regno degli immortali. Il Tibet e lungo tutta la catena himalayana, il cui nome significa “dimora degli dei”, ci sono monti ancora oggi ritenuti sacri, quali il Kailash, il Kumbila, il Sagarmatha, il Kanchenjunga e il Jhomolhari. All’ombra di quelle vette, la spiritualità riesce a sopravvivere anche nella povertà e nell’isolamento.
Un aspetto non secondario da sottolineare è che il libro è uscito nel 1995 cioè 25 anni fa, quindi molte cose sono cambiate, soprattutto sugli aspetti della vita quotidiana, ma da un punto di vista storico, religioso e culturale è molto utile e in assenza di molti altri libri, racconti, diari di viaggio sul Bhutan questo libro merita assolutamente di essere letto se si vuole visitare e viaggiare in Bhutan.
Nessun’altra nazione oltre al Bhutan ha adottato il buddhismo tantrico come religione di stato; qui le istituzioni monastiche, nel bene e nel male, sono presenti nella loro forma più pura, nel senso che sono state meno disturbate nel corso dei secoli e non necessariamente perché stabiliscono degli standard universali.
Non si tratta di un diario di viaggio o reportage, ma è piuttosto un saggio su questa area geografica, un ritratto dei paesi himalayani in special modo del Bhutan attraverso i suoi viaggi ed incontri.
Il Kira, la veste indossata dalle donne, è lievemente più semplice. Consiste essenzialmente in un pezzo di stoffa rettangolare […] che misura un po’ di più di due metri di lunghezza e circa un metro e mezzo di larghezza. Viene portato avvolto attorno al corpo sopra l’onju, una camicia con collo a scialle, ed è fissato alle spalle con alcuni ganci d’argento […] una cintura d’argento o di stoffa ferma il kira alla vita e il tutto è completato da una corta giacca senza bottoni, il toego. La stoffa usata per i kira, tradizionalmente tessuta a mano in strisce orizzontali […] ora varia nei disegni e nei colori secondo i dettami della moda bhutanese.
Vengono discussi aspetti della vita in Bhutan, della vita religiosa buddhista, le politiche educative, l’inquinamento ambientale, la famiglia reale, i problemi di integrazione con gli indiani e nepalesi che vivono e lavorano in Bhutan. Viene descritta la vita quotidiana, sociale del Bhutan e il ritratto che ne esce è molto bello, a tratti romantico. Un paese isolato grande quando la Svizzera con poco più di 750mila abitanti, ai piedi dell’Himalaya con gran parte del territorio sopra i 3.000 metri d’altitudine coperto da ghiaccio e neve, un paese che sembra fermo nel passato con poche strade, poche infrastrutture, pochi visitatori e turisti in sintonia con lo spirito e gli insegnamenti buddhisti.
Il libro altamente documentato e ricco di dettagli, citazioni e riporta incontri con importanti figure religiose e politiche tra cui il monarca del Bhutan. Si racconta il passato e il presente e nel descrivere il Bhutan l’autrice lo confronta con altri vecchi regni buddhisti come Tibet, Ladakh, Sikkim che sono stati assimilati da Cina e India, e che più rapidamente si stanno snaturando e perdendo parte della loro reale identità.
Da un punto di vista geopolitico il Bhutan schiacciato tra le due superpotenze Cina e India al momento sembra al riparo da eventuali mire espansionistiche e il rapporto soprattutto con l’India sono amichevoli, mentre delle relazioni con la Cina non se ne parla, neanche quando si parla del Tibet.
Benchè i bhutanesi siano diffidenti nei confronti dei loro potenti vicini, gli indiani e i cinesi (e, per ovvie ragioni, i nepalesi), non sono afflitti da nessun complesso d’inferiorità né hanno la tendenza a denigrare se stessi e il loro paese, che, invece, è una fastidiosa caratteristica della ciarleria élite pakistana e delle classi dirigenti di altre nazioni dell’Asia meridionale.
Barbara Crossette, è nata a Philadelphia nel 1939, ed è una giornalista americana. Corrispondente in Asia per il New York Times, corrispondente alle Nazioni Unite prima dello stesso giornale adesso per il Nation. Docente alla Columbia University e stata anche una scrittrice di affari internazionali e oltre a questo libro ha pubblicato “The Great Hill Stations of Asia”, “India Facing 21st Century”, sempre coprendo l’Asia himalayana dell’India, Nepal e Bhutan.
Crossette ha vinto il premio George Polk per la sua copertura in India dell’assassinio di Rajiv Gandhi nel 1991 e il premio Shorenstein nel 2010 per i suoi scritti sull’Asia.
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