“L’interprete dei malanni”di Jhumpa Lahiri
Editore Marcos Y Marcos e Guanda
Il libro di Jhumpa Lahiri “L’interprete dei malanni” è una raccolta di racconti sull’India e sugli indiani espatriati che vivono all’estero. Il libro pubblicato nel 1999, ha vinto il Premio Pulitzer per la Fiction e il premio Hemingway / PEN nel 2000, e molte delle storie sono apparse sul The New Yorker.
Il titolo è tratto da uno 9 dei racconti del libro, e un estratto nello specifico di questo racconto dove l’autrice descrive il Tempio del Sole di Konark lo potete leggere qui.
Il libro ha riscosso un buon successo critico e commerciale soprattutto negli Stati Uniti ed è stato lodato per la potente narrazione e temi eleganti del lavoro. Lahiri scrive eloquentemente sull’esperienza degli immigrati e sulla divisione tra culture, esaminando sia le difficoltà che le gioie dell’assimilazione. Queste storie immensamente personali formano, un ciclo di storie. Temi e stili narrativi dominanti culminano in un’esplorazione dell’esperienza indiana e indiana-americana, attraverso gli occhi di una moltitudine di personaggi alle prese con temi di identità, etnia, amore e cultura.
«Ha lasciato l’India da bambino?» chiese il signor Kapasi al signor Das, ch aveva ripreso posto sul sedile dietro.
«Oh, sia io che Mina siamo nati in America» dichiarò il signor Das, con aria improvvisamente spavalda.«Nati e cresiuti. I nostri genitori adesso vivono qui , a Assansol. Sono andati in pensione. Li veniamo a trovare ogni due anni». Si voltò a guardare la piccola che correva alla macchina, con i fiocchi rossi del prendisole troppo grandi per le sue spalle magre e brune. Stringeva al petto una bambola con i capelli biondi tagliuzzati, come per punizione, con un paio di forbici spuntate. «Questo è il primo viaggio in India di Tina, vero Tina?»
Jhumpa Lahiri in L’interprete dei malanni dipinge un ritratto completo delle diverse esperienze di persone che si confrontano con la loro identità. Le storie di Lahiri presentano la futile lotta diasporica per mantenere la cultura mentre i personaggi cercano di crearsi nuove vite nelle nazioni in cui vivono. Relazioni, linguaggio, rituali e religione aiutano tutti questi personaggi a mantenere la loro cultura indiana in un ambiente nuovo anche mentre costruiscono una “realizzazione ibrida” come americani asiatici. Ma la mancanza di armonia e felicità alla fine rende il tentativo un’esperienza futile e spesso desolante. La raccolta mette in luce molte delle questioni con l’identità affrontate dalla comunità della diaspora. Il libro contiene le storie degli immigrati indiani di prima e seconda generazione, così come alcune storie che riguardano idee di alterità tra le comunità in India.
Laxmi era poco più vecchia di Miranda, ma era già sposata, e teneva appesa nel suo scomparto, accanto a quello di Miranda, una foto di lei con il marito, seduti su una panca di marmo bianco davanti al Taj Mahal.
Le storie ruotano attorno alle difficoltà delle relazioni, della comunicazione e della perdita di identità per chi è espatriato. Non importa dove si svolge la storia, i personaggi combattono con gli stessi sentimenti di esilio e la lotta tra i due mondi da cui sono strappati. Le storie trattano le linee sempre mutevoli tra genere, sessualità e status sociale. Sia che il personaggio sia una donna senzatetto dall’India o uno studente indiano negli Stati Uniti, tutti i personaggi mostrano gli effetti dello spostamento in una diaspora.
Anche Dev era bengalese. Inizialmente Miranda credeva che fosse una religione. Ma poi lui le aveva indicato un luogo in India chiamato Bengala sulla cartina di un inserto dell’Economist.
Le questioni presentate dallo scrittore indicano un sentimento di futilità nei personaggi a causa del verificarsi di eventi nella loro vita. Le impostazioni, la narrazione, la mentalità dei personaggi e i personaggi dell’interazione hanno l’uno con l’altro per aiutare i lettori a comprendere la loro situazione e l’inutilità della situazione.
Personalmente dei 9 racconti presenti nel libro i più interessanti sono “Quando veniva a cena il signor Pirzada“, “L’interprete dei malanni” il racconto che da il titolo alla raccolta, “Dalla signora Sen” e “Il terzo e ultimo continente” .
Jhumpa Lahiri nasce a Londra nel 1967 da genitori bengalesi ed è cresciuta a Rhode Island. Ha viaggiato diverse volte in India, dove entrambi i suoi genitori sono nati e cresciuti, e dove sono ambientate molte delle sue storie. Lahiri ha ricevuto il suo B.A. dal Barnard College; e dalla Boston University ha conseguito un M.A. in inglese, e M.A. in scrittura creativa, un M.A. in studi comparati in letteratura e arti, e un dottorato di ricerca. Ha insegnato scrittura creativa alla Boston University e alla Rhode Island School of Design. Ha viaggiato molto e ha anche vissuto in Italia a Roma.
La narrativa di Lahiri è apparsa su The New Yorker, Agni, Epoch, The Louisville Review, Harvard Review, Story Quarterly e altrove. Oltre al Pulitzer Prize for Fiction, ha ricevuto il PEN / Hemingway Award, l’O. Henry Award, e molti altri premi e riconoscimenti.
E’ stata nominata uno dei “20 migliori giovani scrittori di narrativa d’America” nell’estate 1999 dal New Yorker.
È autrice di L’interprete dei malanni (1999), L’omonimo (2003) da cui è stato tratto il film The Namesake – Il destino del nome di Mira Nair, Una nuova terra (2008), La moglie (2013), finalista al Man Booker Prize 2013 e In altre parole (2015) quest’ultimo libro si svolge in gran parte in Italia.
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