“Fire” di Deepa Mehta
Una giovane coppia indiana scontenta in luna di miele visita il Taj Mahal. Lui, Jahin modernista dagli abiti e dagli usi occidentali, venditore di pornocassette, sposato controvoglia prova passione solo per l’amante cinese; lei Sita (Nandita Das) donna indipendente e intelligente, umiliata dal rifiuto coniugale, soffre.
Dopo il desolante viaggio di nozze, vanno a vivere con la soffocante famiglia di lui a New Delhi. Il fratello di lui Ashok, è un tradizionalista, proprietario di un negozio di cibi cotti, mortificato per il fatto di non poter avere figli s’è rifugiato nelle pratiche religiose; sua moglie Radha (Shabana Azmi), passiva, sfruttata, trascurata, ferita dall’indifferenza del marito, patisce. Nella casa vive pure la madre vecchia e cattiva, simbolo dell’antica cultura dell’obbedienza e del divieto.
Sita e Radha terminato il lavoro nel piccolo ristorante di famiglia, in un destino comune di solitudine e infelicità, trovano conforto nella reciproca amicizia. L’amicizia diventa ben presto desiderio, si trasforma in passione e amore. Scoppia lo scandalo, le cognate amanti fuggono insieme da casa.
La pioggia che cade negli ultimi fotogrammi del film sembra spegnere il fuoco di passione che ardeva tra le due donne, acqua che spegne il fuoco, acqua che lava via, che apre ad una nuova coscienza e ad una nuova speranza di vita.
Il titolo “Fire” è simbolo del fuoco della passione dell’amore che anche in India è rappresentato dal fuoco e dal colore rosso fuoco. Rosso è l’abito delle spose indiane, fuoco sono le fiamme che provocano ogni anno la morte di tante donne indiane per l’incendiarsi in cucina dei loro abiti lunghi, larghi e leggeri, ma fuoco è anche la pira su cui anticamente si immolavano le vedove sati per seguire il marito dopo la morte di quest’ultimo.
Un film sociale, impegnato, coinvolgente e coraggioso, che affronta un tema, quello dell’omosessualità femminile che è ancora un tabù in India. Nella pellicola Fire di Deepa Mehta non mancano scene erotiche o audaci per i canoni indiani, tema ancora scandaloso per una cinematografia indiana molto tradizionalista di solito abituata a film molto leggeri. La regista ha voluto raccontare l’India attraverso le donne, come forma di liberazione attraverso l’amore omosessuale femminile come crisi dei valori della famiglia tradizionale indiana nelle trasformazioni del presente.
Interessante e quanto mai realistico è lo spaccato di vita dell’India che ne esce, l’ambientazione i costumi, tutta la ricostruzione della società indiana che fa da sfondo alla vicenda.
Il film fu accolto con ostilità dalla comunità induista indiana che non apprezzò la storia e il ritratto della società contemporanea indiana. Furono organizzati attacchi con distruzioni e incendi nei cinema dove veniva proiettato il film. Critiche e censure che non hanno coinvolto solo l’India ma anche paesi come il Pakistan e la Malesia.
Questa ostilità si è anche successivamente manifestata al momento delle riprese di “Water – il coraggio di amare” costringendo la regista a girare il film in segreto nello Sri Lanka.
I film di Deepa Metha trattano spesso i temi della comunità indiana in India e della diaspora. Il film “Fire” di Deepa Mehta rappresenta l’India del passato e del presente, di come in un’India che vuole guardare al futuro, il passato con le sue tradizioni ed usi continua a condizionarla, di come la sovrapposizione nel presente del passato, di come quest’ultimo continui a ritornare malgrado la volontà indiana di guardare avanti al futuro e all’occidente.
Infine la colonna sonora è del grande compositore indiano A.R. Rahman, che forse ricorderemo per la colonna sonora di Slumdog Millionaire con il suo tormentone Jay Ho.
La regista Deepa Mehta
Deepa Mehta è una regista indiana, nata ad Amritsar nello stato del Punjab, laureata in filosofia a New Delhi, dal 1973 vive in Canada.
Si avvicina al cinepresa come documentaristica di natura che la porterà a sposarsi e a vivere in Canada. Qui continua a girare documentari e cortometraggi di natura ma anche sui ragazzi.
Il suo esordio sul grande schermo avviene nel 1991 con il film “Sam & Me” a cui seguirà nel 1994 “Camilla”.
Il suo terzo film è “Fire”, un film del 1996 una produzione indiana, primo film della “Trilogia degli elementi“, a cui seguirà “Earth” del 1998, dove tratta il tema dei rapporti India Pakistan e il legame con la propria terra nativa, e “Water – Il coraggio di amare” del 2005. Quest’ultimo è il suo film più conosciuto, candidato all’oscar come miglior film straniero in cui denuncia la condizione delle vedove bambine.
Nel 2008 è uscito “Heaven on Earth” , dove in maniera diversa ritorna sui temi a lei cara. Infine nel 2012 esce il film “I figli della mezzanotte” riadattando il famoso romanzo di Salaman Rushdie tra storia dell’India, tradizioni, religione in una cultura piena di contraddizioni.
Come si evince dalla sua cinematografia, è una regista controversa, lontana da Bollywood lontana dalla frivolezza e leggerezza di questo genere di film, più legata al genere “cinema impegnato” che può alla lunga apparire noioso ma che comunque porta un messaggio allo spettatore.
Il fuoco… Rappresenta, anche il rito del sati… Donna pura… Il fatto che piove e salva la donna.. Vuol dire che è pura pura pura anche di fronte alle divinita. Il loro amore e in sintesi puro