Cinzia, Elio e Dario e il loro incontro con un paese magico, il Ladakh
Genova, 8/08/2018
Ci sono luoghi, come certi incontri, che risuonano in noi con maggiore intensità di altri. Ci sembra di averli attesi per tanto tempo e sorridiamo al pensiero di quanto è pragmatico e inutile dirci che avremmo potuto andare loro incontro prima. Prima forse, (lo sappiamo), non saremmo stati pronti e non sarebbe dunque stata la stessa cosa.
Di un incontro vi parlo oggi, il nostro incontro con un paese magico, il Ladakh, dove il tempo è trascorso senza lasciare troppe tracce e, anche quando lo ha fatto, non si è permesso di trasformarne l’incanto.
Tre storie, età, formazioni ed esperienze diverse, quella mia, di mio marito e di nostro figlio Dario di tredici anni: tornati in questi giorni dal nostro viaggio, tutti e tre felici e grati di essere partiti come poche altre volte era accaduto in passato.
Arriva un momento, dopo tanti anni di viaggi in località non sempre “ ovvie” (ammesso che di queste ultime ne esistano davvero), in cui il già vissuto e il già visto, (per quanto ci si impegni a purificare e lasciare emergere quello stupore e quel candore possibili in ogni piega dei luoghi e dell’esistere), sembrano vestire le nuove partenze di qualche moto di entusiasmo in meno. Ce ne accorgiamo, talvolta, noi adulti, non certo Dario, nostro compagno di viaggio da quando aveva 6 mesi e per il quale ogni angolo ancora inesplorato è solo occasione di nuove sfide e di meraviglia intatta.
Quando però un posto e la sua gente riescono a toccare corde profonde, emozionare e commuovere ( e di questo il Ladakh è davvero capace) vuol dire che quello è il luogo dove hai trovato qualcosa che forse non sapevi neppure di stare cercando.
Le emozioni , se non se ne ha paura, sono sempre le maestre più preziose.
Al Ladakh avevamo pensato tante volte in passato, per l’interesse nei confronti della filosofia Buddhista e per il nostro amore per la montagna: quanti altri motivi inaspettati abbiamo ora, invece, per sognare di tornarci, un giorno.
Poi, la scorsa primavera, la decisione di organizzare la partenza per luglio e la scelta di utilizzare la collaborazione di Samuele Fracasso, di India Nepal Viaggi; in lui, sia nella fase di preparazione che in quella precedente la partenza, abbiamo trovato un supporto professionale, affidabile e veloce; ci è parso appassionato e capace. Una volta arrivati a Leh, base e luogo di partenza dei vari spostamenti, l’accoglienza dell’agenzia locale ci ha convinto di avere scelto bene. Anche in questo caso si è trattato di un team di persone affidabili e capaci.
Il programma di viaggio proposto era completo e ben strutturato e permetteva, tra l’altro, l’acclimatamento, quindi la prevenzione della sintomatologia del mal di montagna e la possibilità di assistere ad uno degli splendidi festival : una prima settimana è stata dedicata dunque ai tanti monasteri vicini e lontani da Leh, al festival di Dak Thok Tse-Chu e ad un trekking nella zona del Moonland. Non ci sono parole per descriverne la bellezza, lo splendore degli affreschi, la complessità e saggezza dei significati veicolati e l’atmosfera di struggente spiritualità che vi si respira. Il vento leggero, compagno di viaggio quotidiano, ancor di più là, a contatto con quei cieli blu, sembra ricordarti che nulla di quello che, in certi momenti, vorresti trattenere delle esperienze, sarà mai tuo se ti ci aggrappi, ma è proprio e solo in quel lasciare andare, che col suo soffio il vento ti ispira, che ti scopri ad intuire, con un sorriso, che non si è mai troppo lontani per (ri)trovarsi.
La seconda settimana è trascorsa alla scoperta della Nubra Valley e della zona a Sud Ovest e ad Est di Leh dove i paesaggi, gli alti passi, le formazioni geologiche incredibili, i picchi innevati, le distese desertiche, i laghi dai colori mozzafiato, non possono essere catturati da alcuna fotografia e ripresa, né descritti a parole: colori incredibili, cieli da cartolina, strade difficili lungo cui fare incontri speciali.
Potrei continuare a lungo nel raccontarvi quanti incontri e luoghi in Ladakh ci hanno reso felici di essere partiti e sicuri che vorremmo un giorno tornare.
Potrei raccontarvi di una cucina semplice e gustosa provata nei molti ristoranti di Leh e altrove, dei mille sorrisi della gente del posto, dei colori, odori e profumi intensi e diversi da ogni altro luogo visitato; anche tanto differenti dalla “mia” India e dal Nepal, più volte visitati e tanto amati. Potrei dirvi dei sogni di Dario di fronte a quelle montagne altissime, il sogno di chi, già alpinista in erba, può davvero sognare di raggiungere, un giorno, alcune di quelle cime. Potrei dirvi del desiderio di riuscire ad esprimere la gratitudine per le cure ricevute, fatte di piccoli gesti, da parte di chi là ci ha accolto.
Diverso, per ognuno di noi tre, il frammento di viaggio e il momento che ci ha convinti di essere nel luogo “giusto”, proprio quello che avremmo voluto scoprire, personale il motivo per cui considerare questi luoghi magici e insostituibili nei nostri ricordi: variegato, mutevole e in parte inafferrabile tutto questo, come solo le esperienze intense e profonde sanno e devono essere.
Su un aspetto siamo concordi: le persone che ci hanno accompagnato in questo viaggio, Norphel, la nostra guida nella prima parte del viaggio, conoscitore attento ed appassionato della materia, sensibile, profondo, vero, e Ganesh, prudente, timido e capace, l’autista durante tutto il soggiorno, sono entrati nei nostri cuori per rimanerci. Gentili, pazienti, professionali, ispirati, preparati. Potrei continuare a lungo, ma non riuscirei a rendere l’idea.
A noi sembra di avere lasciato là degli amici e speriamo davvero, prima o poi, di avere occasione di riabbracciarli.
Infine, una riflessione: delicato e fragile il Ladakh, è nostro compito preservarlo; se in ogni luogo è bene essere consapevoli dell’impatto del nostro passaggio, come visitatori, ancor più forse questo messaggio deve essere chiaro in paesi come questo, dove per motivi legati alle distanze, alla relativamente recente apertura al turismo, ad una cultura ecologica che deve convivere con una sussistenza talvolta complicata, quel passaggio, se sbadato, può risultare catastrofico per l’ambiente e la gente che lo abita.
Un grazie, in ultimo, anche all’autista Swai, elegante e carismatico, che ci ha accompagnato negli ultimi due giorni a Delhi ed Agra , quando abbiamo visitato il Taj Mahal dando la possibilità a Dario di assaporarne, per la prima volta, la bellezza e la poesia.
A chi , con gentilezza e rispetto, si avvicinerà a questi luoghi dico di partire (non rimarrà deluso!), auguro di rimanerne incantato, come lo siamo noi e di quel ricordo incantato, di quell’incontro straordinario, con la terra magica degli alti valichi e la sua gente, fare tesoro prezioso che allevi e scaldi come solo l’autenticità e la semplicità sanno fare.
Cinzia Termi, Elio e Dario Furfaro
Eliosirio27@yahoo.it
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