“Indiana. Nel cuore della democrazia più complicata del mondo” di Mariella Gramaglia
Donzelli Editore 2008
Un piccolo libro per un contenuto di spessore. Un bel libro da leggere per conoscere il mondo sociale e culturale dell’India o anche da portare con se durante un viaggio in India, perché offre uno splendido ed insolito ritratto dell’India moderna, con una particolare attenzione al mondo femminile indiano.
«Lascio che le indiane e gli indiani mi cambino e mi facciano apprendere … Per guardare meglio il mio paese domani. Magari con gli occhi resi più precisi dalla lontananza con cui di solito guardiamo solo i paesi degli altri».
Superate i primi due brevi capitoli di presentazione biografica e dell’idee dell’autrice che ha avuto modo di chiamare “Due o tre cose che so di me” e “Idee e ideologie” inizia il viaggio di scoperta e conoscenza dell’India, del fenomeno indiano, di quello che sta dietro e che sfugge alla vista sfuggente del più classico viaggiatore. Si parla di donne indiane della situazione attuale, del contesto storico culturale che preserva antichi riti e costumi, che a volte mal sopporta il cambiamento e che rimane spesso schiavo e ingabbiato in queste rigide convenzioni. Si parla di salute, malattie, aids, gravidanze, slum, e ancora di casalinghe, sindacati, di politica e di molto altro … l’autrice attraverso i suoi occhi cerca di fotografare il mondo delle donne di contestualizzarlo facendo qualche commento e osservazione ma senza giudicare o cercare di giustificare.
L’autrice Mariella Gramaglia è stata giornalista e studiosa del movimento delle donne con un passato in politica, nel 2007 ha lasciato l’Italia per l’India dove ha svolto un lavoro di cooperazione internazionale in difesa dei diritti delle donne.
«Lungo il percorso di bancarelle colorate che dalla spiaggia va al mare, piccoli dipinti popolari pubblicizzano un sorprendente servizio: la rasatura totale per signore. Le donne vi si sottopongono, o vi sottopongono i loro figli e figlie «per grazia ricevuta»; solo chi ha avuto una certa consuetudine con le donne indiane e conosce il loro culto della bellezza, della luminosità e della lunghezza dei capelli, può immaginare quale sacrificio sia. Un sacrificio che si propone identico, con i medesimi rituali, in quasi tutti i templi dell’India meridionale, soprattutto quelli dedicati alle dee.»
Il libro è ben fatto diviso in venti capitoli dove vengono trattati e discussi diversi temi. Come detto il filo conduttore resta la donna indiana ma nel percorso si parla dell’India rurale, delle casalinghe, delle sigaraie, delle levatrici, dei dalit, dei pastori rabari, dello tsunami, di Sonia Gandhi dell’italiana più amata del mondo, degli slum e di molto altro ancora. Magari alcuni troveranno che gli argomenti avrebbero avuto bisogno di qualche pagina in più, di un approfondimento utile per comprendere meglio l’argomento, ma l’autrice probabilmente voleva solo descrivere l’India delle donne per sollevare un interesse del lettore, lasciando ad altri autori, libri e letture più specifiche il compito di approfondire l’argomento.
Il libro è anche una testimonianza preziosa dell’autrice che ci ha prematuramente lasciato nel 2014 dopo una lunga malattia. Una sorta di diario quotidiano di vita, di ricerca, di lavoro. Attraverso incontri, sguardi di donne e uomini, vicende pubbliche e dettagli della vita quotidiana, Mariella cerca di saggiare la temperatura del suo legame con l’India e della sua comprensione di quel mondo. Non nega né la modernità, né la speranza, ma le affida più che alla borsa di Mumbai, al coraggio delle tante e dei tanti che si battono per la loro dignità.
Il libro è arricchito da alcune fotografie in bianco e nero di Laura Salvinelli descritte da una breve spiegazione, c’è un’essenziale cartina dell’India, un breve glossario su termini e sulle figure indiane che si ritrovano nel libro e un’utile bibliografia divisa per capitoli per chi volesse approfondire alcuni argomenti, il tutto in meno di 220 pagine, in un formato del libro poco più grande di una moleskine, che ritorno ad evidenziare perché è una dimensione che si presta molto bene a portare in viaggio con se.
Dietro la copertina, il libro è così presentato:
«Un proverbio indiano recita: “qualunque cosa tu dica dell’India, è sempre vero anche il suo contrario”. Schiacciati da tanta complessità, gli occidentali hanno spesso scelto di racchiudere un oceano sconfinato di differenze nelle piccole ampolle dei loro stereotipi. La spiritualità esercitata fino allo sfinimento, il fatalismo arreso di fronte al dolore di vivere, la povertà estrema degli umili inflitta dai potenti come un destino. Finché, con gli anni novanta, ecco farsi strada nell’immaginario occidentale l’ultimo dei clichés: l’India sfavillante, l’India che cresce, l’India del Pil da primato, la terra delle stelle di Bollywood, dei supermanager dell’informatica appena trentenni. Un’immensa minoranza, di oltre cento milioni di persone, fa tendenza nel mondo. Ma intanto, l’altra India, quella degli ottocento milioni di esseri umani che vivono con un dollaro al giorno, quella dell’analfabetismo femminile di poco inferiore al 50%, è rimasta uguale a se stessa?
Mariella Gramaglia (Ivrea, 4 maggio 1949 – Roma, 15 ottobre 2014) è stata una delle principali femministe italiane e dopo un lungo impegno nel femminismo, nella politica italiana e nelle istituzioni, ha scelto di dedicarsi a progetti di solidarietà e di promozione dei diritti. Nel 2007 si è trasferita in India ad Ahmedabad dove ha lavorato con Sewa (Self Employed Women’s Association), l’unico sindacato autonomo di donne nel mondo che conta un milione di iscritte, e in Tamil Nadu nella ricostruzione dopo lo Tsunami.
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