Ladakh – I monasteri di Alchi (2° parte)
Dopo la 1° parte dove abbiamo presentato e introdotto i monasteri di Alchi, proseguiamo qui ad illustrare questi santuari unici nel suo genere.
Riprendiamo dall’architettura dei monasteri. Come precedente scritto a prima vista i monasteri di Alchi lasciano indifferenti la maggioranza dei visitatori, dall’esterno, sembrano modeste, insignificanti case di fango, con poco a indicare la ricchezza artistica all’interno. Ci sono un totale di sei templi nel choskar e tre grandi chorten oltre a diverse altre strutture minori: il Dukhang e l’alto Sumtsek sono i più gr
andi e importanti dei templi e i più riccamente adornati.
Abbiamo visto il Kangyur Lhakhand una biblioteca che un santuario, poi abbiamo presentato il Lhakhang Soma o nuovo tempio. Procediamo verso l’interno verso il Sumtsek.
Sumtsek
Il sumsek è forse il tempio più impressionante di Alchi. Il nome significa “a tre livelli” infatti il tempio si eleva su tre piani, con un alto portico d’ingresso sostenuto da colonne e travi in legno intagliato, in un format comune nell’architettura preislamica del Kashmir.
Le statue, di Avaloketeswara Maitreya (parete opposta all’entrata) e Manjushri (parete destra), sono incassate in nicchie con le pareti ricoperte di squisiti dipinti e dettagliati, un vero e proprio mosaico di miniature: centinaia di piccoli buddha nella parte inferiore, principalmente mandala nelle sezioni superiori, intervallati da ornamenti in stile rococò: animali, fiori e molto altro. Un’iscrizione in cima alla nicchia di Maitreya recita: “Il prezioso tempio a tre livelli è stato fondato dal Benefattore, il Maestro Tshul-Krimis-‘od, di nobile lignaggio, di alto rango, del clan Bro“. L’iscrizione spiega che le tre statue di Maitreya, Avalokiteswara e Manjushri furono create per rappresentare i tre corpi del Buddha: il suo corpo terreno (Nirmanakaya) come Manjushri, il suo corpo celeste (Sambhogakaya) come Avalokiteswara e il suo corpo assoluto e senza forma dell’Essenza (Dharmakaya) come Maitreya.
L’immagine in argilla di Avalokiteswara è una figura bianca a quattro braccia con il corpo nudo che indossa un dhoti con miniature intricate, palazzi, santuari, divinità, monaci, uomini a cavallo e molto altro. Il tema dei dipinti non è chiaro, ma i santuari potrebbero rappresentare centri di pellegrinaggio che un tempo esistevano nel Kashmir. Oltre alla statua di Avalokiteswara, la nicchia presenta quattro divinità guardiane in stucco. Le pareti della nicchia e l’intera parete sinistra della camera su entrambi i lati della nicchia, sono dipinte con centinaia di piccole immagini ripetitive di Amithaba. Un totale di 406 miniature di Amitabha si trovano sulla destra della nicchia e 408 sulla sinistra, con una grande immagine centrale del Buddha celeste su entrambi i lati.
Sulla parete opposta all’ingresso, quella di fondo c’è l’immagine del Maitreya alto 4,6 m dipinta in bronzo rosso, sebbene la testa sia visibile solo dalla galleria superiore. Anche Maitreya è a corpo nudo e indossa solo un dhoti, anch’esso riccamente dipinto. Anche qui ci sono quattro piccole figure in stucco attaccate alle pareti della nicchia, ai lati del gigante Maitreya: le due inferiori sono divinità guardiane, le due superiori sono divinità minori. Anche qui la parete è tappezzata di immagini di miniature di Akshobhya. Akshobhya è il secondo dei cinque Buddha Dyani: è identificato dal mudra del Toccare la Terra: mano destra, palmo rivolto verso l’esterno, a contatto con il terreno, braccio sinistro in grembo. Ci sono 381 miniature di Akshobhya a sinistra della nicchia di Maitreya, 331 a destra.
Proseguendo sulla parete destra ci si imbatte nella figura in argilla a quattro braccia alta 4 m, del bodhisattva Manjushri, di colore giallo con un dhoti raffigurante gli 84 Mahasiddha o Maestri tantrici. Ci sono ancora quattro piccole decorazioni in stucco sulle pareti della nicchia, mentre la parete su entrambi i lati dell’alcova è ricoperta da miniature dello stesso Manjushri, 364 per lato. Ci sono alcuni splendidi dipinti di personaggi reali nella parte inferiore della nicchia.
Al piano superiore, sopra le nicchie, dove i mandala riempiono principalmente le pareti, si trovano alcuni dei più bei murales del Sumtsek. Ci sono ben 13 mandala sulla dei piani superiori del Sumtsek, la maggior parte dei quali raffigura Vairochana come divinità centrale, dipinta in un piccolo quadrato o in un tondo al centro di un palazzo figurativo.
Prima di lasciare il Sumtsek, ammirate il soffitto splendidamente dipinto del tempio. I 48 pannelli del tetto riproducono vivaci motivi tessili del Ladakh e delle regioni limitrofe, chiaramente in uso all’epoca.
Dukhang
Si accede al Dukhang, o sala della congregazione, il più grande dei templi di Alchi, attraverso un cortile con un porticato che corre lungo i lati, decorato con affreschi falliti raffiguranti i Mille Buddha e un mandala dipinto di recente. Si passa sotto un chorten sorretto da pilastri per raggiungere l’ingresso riccamente intagliato, preceduto da un arco triangolare in legno, anch’esso finemente cesellato. Il Dukhang è piuttosto ampio (7,5 x 7,5 m) e presenta un’abside sulla parete di fondo dove, sopra l’altare, si erge un’elaborata configurazione scultorea con Vairochana come divinità centrale. È raffigurato come una manifestazione a quattro teste, con due teste, una sopra l’altra, frontali. Le teste sono dorate e la statua è rivestita di seta. Vairochana siede su un trono con leoni ai lati; il leone è la sua tradizionale “cavalcatura”. Ma sono i suoi steli simmetricamente intrecciati che si ergono sopra il trono ad attirare maggiormente l’attenzione: queste curiose formazioni a forma di vite sono makara o mostri marini, un motivo tradizionale indiano. Sulle pieghe dei makara siedono ninfe giocose con le trombe, mentre altre creature mitiche aleggiano intorno all’intera composizione, conferendole un aspetto onirico. Non è una configurazione rara, tuttavia, negli antichi gompa del Tibet occidentale e dell’Himalaya, risalenti all’epoca di Rinchen Zangpo. Vairochiana è accompagnato, naturalmente, dagli altri quattro Buddha Dhyani: a sinistra il blu Akshobhya, e sopra di lui il giallo Ratnasambhava; a destra il rosso Amitabha e sopra di lui il verde Amoghasiddhi. Ci sono diverse altre divinità nella configurazione, tra cui Maitreya e Tara.
L’ingresso e le pareti laterali del Dukhang presentano mandala che raffigurano grandi figure sacre. Sopra la porta si trovano altri dipinti in stile indiano con forme chiaramente kashmiri o persiana/centroasiatica.
Annesse al Dukhang e accessibili dal cortile, si trovano due cappelle sussidiarie: quella a sinistra custodisce un Avalokitesvara a 11 teste, mentre quella a destra ospita un colosso di Maitreya, in piedi e con quattro braccia.
Lotsawa Lhakhang
Uscendo dal cortile di Dukhang e svoltando a destra, si entra in un altro spazio chiuso, di fronte a due templi, ospitati in un edificio anonimo. Il primo di essi è il Lotsawa Lhakang, dedicato al Grande Traduttore. Un Buddha Sakyamuni seduto è l’icona principale del santuario, affiancato da due immagini più piccole: Rinchen Zangpo a sinistra e Avalokiteswara seduto a quattro braccia a destra. Sulla parete retrostante si trova un grande affresco di Sakyamuni, affiancato ancora da Rinchen Zangpo a sinistra e Avalokiteswara a destra, con una varietà di miniature che incornicia le immagini. La parete sinistra del tempio è dominata da Amitabha: un suo grande dipinto al centro, tra due mandala, uno di lui (quello a destra) e l’altro di Avalokiteswara. Lo spazio intermedio è ricoperto da centinaia di miniature di Amitabha. Notate la splendida lastra con oche in ovatta dipinta sotto il soffitto. La parete destra del tempio è dedicata ad Akshobhya con le sue miniature e un grande dipinto che lo raffigura, accanto a mandala del destino. Il Mahakala sopra la porta è circondato da miniature di Sakyamuni e da due uomini a cavallo più in basso. Questi dipinti si trovano anche sul cleristorio, sormontato da uno chorten sospeso.
Manjushri Lhakhang
Adiacente al Lotsawa Lhakhang e precedente a questo, il tempio dedicato al bodhisattva della saggezza è dominato dalle straordinarie e complesse figure quadruple di Manjushri Lhakang in piedi su una piattaforma al centro. Le quattro immagini sedute sono schiena contro schiena, ciascuna rivolta verso uno dei punti cardinali, e sono di colori diversi: oro, rivolte verso l’ingresso, poi, procedendo in senso orario, bianco, rosso e blu. Le immagini sono circondate da piccole figure animali e umane appese alla struttura esterna e ai makara: ninfe, elefanti, leoni, folletti e molto altro. Non è facile comprenderne il significato. L’intera configurazione sembra essere stata ridipinta in tempi recenti. Le pareti dei templi, come gli altri santuari di Alchi, sono ricoperte da centinaia di immagini ripetute del Buddha; c’è anche un mandala, ma gli affreschi sulla parete d’ingresso, a sinistra dell’ingresso, dipinti relativamente di recente e non con molta raffinatezza, raffigurano il fondatore della scuola Gelugpa, Tsongkapa, accanto a Manjushri, Avalokiteswara, Tara e Sakyamuni. Le colonne di legno che sostengono il tetto sono scanalate alla maniera greca, ma sono state scolpite con il motivo a vaso comune negli antichi templi rupestri dell’India centrale, a esemplificare la strana amalgama di stili architettonici che fiorì ad Alchi.
Uscendo da Alchi Choskor, date un’occhiata ai chorten d’ingresso dell’enclave. Nonostante il loro aspetto fatiscente, hanno conservato alcuni splendidi affreschi sulle pareti interne. Alla base di quella di fronte al Sumtsek, notate in particolare la raffigurazione di Rinchen Zangpo, affiancato da bodhisattva, divinità e maestri indiani. I maestri sono probabilmente pandit buddisti del Kashmir sotto i quali Rinchen Zangpo studiò in India.
Info per la visita
I monasteri di Alchi sorgono sull’omonimo villaggio in Ladakh, sulle rive del fiume Indo a 70 km ad ovest dalla capitale Leh. La soluzione più rapida per raggiungere Alchi è volare da Delhi a Leh capoluogo del Ladakh a 3.500 metri, da qui con un’auto privata o taxi si percorrano i 65 km che separano il villaggio da Leh. C’è anche un autobus giornaliero che copre questa tratta.
Di solito la visita al monastero avviene come tappa assieme ad altri gompa che si trovano sulle rive del fiume Indo ad ovest di Leh. Ma visto la ricchezza artistica si può anche pensare di soggiornare nel villaggio di Alchi che offre numerosi piccoli e semplici hotel, guesthouse, ristoranti e bancarelle.
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