“Le strade del figlio” di Giona Peduzzi
Polaris editore
Si tratta di un romanzo di formazione, che si legge bene, rapidamente con capitoli brevi, con un linguaggio asciutto e chiaro. La storia è molto semplice, un ragazzo italiano cresciuto da solo da una madre che il figlio non chiama mai mamma ma solo per nome, dopo una delusione e sotto la spinta di un professore universitario decide improvvisamente di partire per l’India.
Perché proprio l’India? Semplicemente perché lui è stato concepito in India. Vent’anni prima sua madre in viaggio per l’India si era innamorata di un certo Baba Paskuy Shtal, suo padre che lui non ha mai visto e conosciuto.
Anche il nome del ragazzo – Ermanno – è un tributo all’India e a questo amore, da Herman Hesse autore del famoso Siddharta, un libro che a suo tempo il padre aveva regalato alla madre e che il protagonista conserva.
Fin dal suo arrivo il viaggio in India ripropone le tipiche avventure, disavventure e a volte anche i soliti cliché dell’India.
Controllai con le narici se riuscissi a sentire il famoso odore dell’India, quello di Pasolini, quelli che inseguono tutti quelli che arrivano qui alla ricerca di sé stessi. In fondo anch’io stavo facendo la stessa cosa… Non sentii niente, se non una puzza di smog e di benzina. E il solito aglio trasudante del corpo dei miei vicini.
Ma il viaggio in India non ha una ragione turistica, il motivo principale è trovare suo padre, Baba Paskuy Shtal un santone che vent’anni prima viveva in un monastero alle sorgenti del Gange a Rishikesh di cui lui ha poche generiche informazioni. Dopo l’arrivo e qualche giorno a Delhi seguendo le tracce del padre si sposterà prima ad Haridwar, poi Rishikesh, Varanasi, Mumbai ed infine a Goa.
Il viaggio sulle tracce del padre diventa ben presto un viaggio di crescita, di libertà, di formazione del giovane Ermanno che lasciata Roma e la sua stanza viaggiando impara a vivere a socializzare, a confrontarsi con il mondo e con se stesso. Il viaggio gradualmente lo libera dalle sue paure dai suoi fantasmi, e anche se non ottiene tutte le risposte che cerca il viaggio allarga la sua mente. Un proverbio – credo cinese – recita così: «Chi torna da un viaggio non è mai la stessa persona che è partita » … la stessa cosa avviene per Ermanno.
Nonostante tutto, nonostante me.
Ero nato di nuovo ed ero pronto ad affrontare ogni cosa.
Sinceramente fin dall’inizio il protagonista Ermanno irrita, il suo atteggiamento spocchioso, la sua cattiveria, superiorità, la sua crudele insensibilità non aiuta affatto a farcelo amare e piacere, ma nel corso del romanzo crescendo e maturando anche lui migliora.
Il viaggio in India è l’occasione per incontrare tutta una serie di persone che arricchiscono il romanzo e il protagonista come il conducente di rickshaw Nandan, Akash un giovane intraprendente indiano che lavora con discreto successo nel cinema indiano, ma su tutti spicca Shanti la bella ragazza dal sari rosa che ritorna in numerose tappe del viaggio, che con la sua presenza e sentimenti lo guiderà per gran parte del libro.
Oltre alle persone l’India con le sue sue bellezze e contraddizioni appare nelle descrizioni delle città sacre di Haridwar, Rishikesh e Varanasi, della cosmopolita e ammagliante Mumbai, della sonnolenta e ammagliante Goa. Ci sono eventi e spettacoli che meravigliano Ermanno, come la Ganga Aarti di Haridwar.
Lo spettacolo che mi si presentò davanti mi blocco il respiro e mi subissò di sorpresa e paura. Migliaia di persone riempivano l’anfiteatro di gradini attorno al fiume, lo sguardo d’insieme era indimenticabile, ma fu focalizzando i particolari che venni sopraffatto dallo spirito del luogo.
Spettacolo che lo emoziona fino a fare salire le lacrime agli occhi.
C’era il dolore ma anche la speranza, c’era la fede ma anche la materia, in un connubio che mi emozionava.
Nel libro si parla di induismo, yoga, di meditazione, degli aghori della setta estrema dei saddhu, della morte, delle cremazioni, dei sikh e di molti altri aspetti e costumi dell’India, a volte traspare la supponenza del viaggiatore che non conosce e che giudica senza sapere, ma a volte si scava nella spiritualità, nell’amore e nei principi che regolano dottrine e pensieri.
In conclusione è una bella lettura, dove chi è stato almeno una volta in India si ritroverà facilmente, e per chi non ci è ancora stato il libro può essere una piacevole lettura per avvicinarsi al mondo India e perchè no poi decidere di affrontare un viaggio in India.
Una cosa che non mi è piaciuta è stata la scelta della copertina del libro, avrei preferito qualcosa che richiamasse di più l’India visto che assieme ad Ermanno è la protagonista del romanzo, ma forse siamo di parte. Preferivo un’immagine simile a quella che ho recuperato dalla pagina Facebook dell’autore che qui è usata come foto copertina. L’autore dell’immagine del collage è del fratello dell’autore Zeno Peduzzi.
Giona Peduzzi nato nel 1980 a Como, vive a Roma .Da quasi vent’anni lavora come autore televisivo per i principali network nazionali. Crede che il viaggio sia la più potente forma di conoscenza perciò dedica ogni sua giornata libera all’esplorazione del mondo, accompagnato da sua moglie e i suoi due figli.
Ha scritto programmi televisivi, articoli, racconti, sceneggiature e testi teatrali ma Le strade del figlio è il suo primo romanzo.
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