L’India di Jean Renoir nel film “Il fiume”
Il Fiume, titolo originale “The River” è un film in lingua inglese e bengalese girato interamente in India nel Bengala dal registra francese Jean Renoir uscito nel 1951.
Inizio anni cinquanta stato del Bengala, Il Fiume narra le vicende di una famiglia inglese con molti figli che vive sulle sponde del fiume Gange a contatto con una civiltà ancora incontaminata. La tranquilla adolescenza delle tre sorelle Harriet, Valeria e Melania viene scossa dall’arrivo di John, un giovane ufficiale americano mutilato di guerra, un amico di famiglia che per qualche tempo si tratterà in casa. Il suo arrivo calamiterà le mille attenzioni delle giovani sorelle nel mentre la famiglia sarà scossa da un grave lutto, la perdita del fratellino Boogey vittima di un cobra. Harriet che si sente in parte responsabile per non averlo sufficientemente difeso e avvertito del pericolo si sente in colpa e tenta il suicidio nel fiume ma sarà John ad accorgersene e a trarla in salvo. Poco dopo il giovane militare ripartirà per l’America, le tre sorelle rimarranno sole con i loro sogni e pensieri. A distanza di alcuni mesi arriveranno tre lettere di John all’indirizzo delle tre sorelle, e la loro mamma darà l’annuncio dell’arrivo di un’altra creatura.
La vita continua: come il fiume che sempre fluisce, di paese in paese, di stagione in stagione, e con sé reca ricordi e sospiri.
Le forze che muovono il film sono quelle immutabili dell’esistenza: l’infanzia, la scoperta dell’amore, la morte, la nascita, ed è nel fiume con l’acqua che scorre che si rivive il ciclo di vita e rinascita. Che colpisce del film non è tanto la storia narrante di per se molto semplice con una trama abbastanza lineare, ma lo spaccato dell’India che ne viene fuori, un’India in gran parte perduta dove tradizioni, riti, danze, giardini, feste, canti descrivono questo meraviglioso paese della vita semplice degli indiani nella loro quotidianità lungo le rive del Gange, dai più considerato il vero protagonista del film.
Jean Renoir narra le vicende di questa famiglia ma più in profondità ci parla dell’India, del rapporto uomo-natura in chiave orientale e poetico, l’acqua e il fiume come metafora della vita, una vita che continua, continua a scorrere come l’acqua del fiume che sempre fluisce, di paese in paese, di stagione in stagione, e che con sé reca i ricordi e le esperienze della vita. L’ultima frase del film così recita:
“Corre il fiume e ruota il mondo. Alba e tramonti, notti e meriggi e il sole che arde, e il vento, la luna le stelle …
Muore il giorno e la fine ha inizio.”
Il film che ne esce non brilla certo per una sceneggiatura avvincente e coinvolgente, ma piuttosto essendo stato interamente girato in India rappresenta un prezioso documento su un’India oggi quasi sparita. La vita sul fiume, la natura incontaminata, i colori, il rangoli, le feste indiane, le danze e canti che si susseguono in questo ritratto di un’India post coloniale appena diventata indipendente, sono un meraviglioso ritratto dell’India e della sue essenza.
Da un punto di vista squisitamente cinematografico, l’opera in se riveste una particolare importanza perchè si tratta della prima pellicola a colori di Jean Renoir, e l’uso a volte sgargiante del colore, la ricerca di tinte cromatiche non sono mai insistite e non rendono affatto pesante il film e la sua visione, ma anzi contribuiscono a conferirne quel che di fiabesco e magico che la storia vuole narrare. Si tratta comunque di un film classico – un film del ’51 – ben lontano per ritmi e tempi con gli standard moderni, ma che ha il pregio di essere piacevole, suggestivo e di facile lettura.
«Vedevo nei colori dell’India dei meravigliosi motivi per provare nella pratica le mie teorie sui film a colori. Erano anni che volevo fare un film a colori. Penso che il bianco e nero contribuisca potentemente a fare del cinema uno spettacolo: beneficia del vantaggio di non poter essere realista. Che lo si voglia o no, la vita esterna (in esterni) è a colori. Io volevo evitare gli effetti di laboratorio, mettendo davanti alla macchina da presa un paesaggio o un décor così come sono. In secondo luogo, dovevo evitare i paesaggi dalle sfumature troppo complesse. In Bengala, come in molti paesi tropicali, i colori sono vivi e non mescolati (…)»
dalle “Memorie” di Jean Renoir, citato da Vieri Razzini
Tra le curiosità, vi lavorò come assistente il futuro grande regista indiano Satyajit Ray. The River è uno dei film preferiti da Martin Scorsese e si dice che Wim Wenders abbia deciso di girare “Un treno per Darjeeling” dopo aver visto questo film.
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