“Notturno indiano” di Antonio Tabucchi
Sellerio editore
Pubblicato nel 1984, si tratta di un breve romanzo di Antonio Tabucchi, un viaggio in un’India stanca, reale, magica senza date senza un itinerario preciso tra Mumbai, Madras e Goa. È un libro breve che si legge in poche ore ma molto bello, un viaggio esteriore ma anche interiore come sono da sempre i viaggi in India.
« In India si perde molta gente », disse, « è un paese fatto apposta per questo ».
La trama è molto semplice un uomo mai stato in India intraprende un viaggio alla ricerca di un amico disperso un certo Xavier. Ripercorrendo sparute e flebili tracce il protagonista tra stanze d’albergo, ospedali, sale d’attesa, lunghi viaggi in pullman incontra questa India sconosciuta, misteriosa a volte tetra, ha conversazioni e incontri cercati ma più spesso causali con gesuiti, prostitute, dottori, sedicenti indovini e tra questo mistero e concomitanze che emerge il lato notturno e occulto del Notturno indiano.
« Va bene », dissi io, « comincia così, che lui arriva a Bombay, ha l’indirizzo di un albergaccio dove io stavo una volta e si mette a cercare. E lì conosce una ragazza che un tempo mi ha conosciuto e costei gli fa sapere che io mi sono ammalato, che sono andato in ospedale, e poi che avevo contatti con della gente del Sud dell’India. Così lui va a cercarmi in ospedale, che si rivela una falsa pista, e poi parte da Bombay e comincia un viaggio, sempre con la scusa di cercarmi, ma in realtà viaggia per i fatti suoi, il libro è principalmente questo: il suo viaggio. Fa tutto una serie di incontri, naturalmente, perché nei viaggi si incontrano persone. Arriva a Madras, gira per la città, per i templi dei dintorni, in una società di studi, trova qualche labile traccia mia. E infine arriva a Goa, dove però doveva andare comunque, per motivi suoi ».
Il libro è costellato di brevi descrizioni e numerosi incontri, non emerge un ritratto completo dell’India, ma solo alcuni frammenti, spaccati di quotidianità e di vissuto tra usanze, costumi, spezie e colori.
« Anche voi siete pellegrini? ».
« No », disse lui, « noi giriamo per i templi, mio fratello è Arhant».
« Scusa », dissi, « ma non so cosa significa ».
« Arhant è un profeta jaino », spiegò il ragazzo con pazienza. « Legge il karma dei pellegrini, facciamo molti soldi ».
« Allora è indovino ».
« Si », disse il ragazzo con candore, « vede il passato e il futuro ».
E un ritratto in fondo triste, malinconico dell’India tra passato coloniale e un presente incerto con le città che hanno ancora la vecchia denominazione in uso durante il Raj britannico.
Il protagonista viaggia con un bagaglio leggero e numerosi luoghi del viaggio sono hotel, alcuni fatiscenti e cadenti altri più turistici lussuosi e opulenti ognuno con una sua storia e l’autore all’inizio del libro si sente in dovere di fornire un breve indice di questi luoghi, lasciando al lettore la possibilità di utilizzarli un giorno come percorso di guida.
« Entrai nell’albergo e detti un’occhiata intorno. Il Mandovi è un hotel della fine degli anni Cinquanta, con un’aria già vecchia. Forse fu costruito all’epoca in cui portoghesi erano ancora a Goa. Non so bene in che cosa, ma mi parve che conservasse una traccia del gusto fascista dell’epoca: forse per l’atrio grande come una sala d’aspetto ferroviaria, o per quella mobilia impersonale e deprimente, da ufficio postale o da ministero ».
Tra i vari incontri e conservazioni spesso surreali e bizzarri si cita anche l’amato Fernando Pessoa di cui Tabucchi è stato suo straordinario divulgatore.
Man mano che si procede nella lettura la ricerca dell’amico si tinge di noir, di mistero e sarà il finale molto bello e ben riuscito a fare luce e mettere ordine su questa vicenda attraverso la voce narrante del protagonista.
Si tratta di un finale molto bello, quasi un viaggio dentro al viaggio, una riflessione sul viaggio dove emerge la tesi che in un viaggio non conta la destinazione finale ma piuttosto il vissuto del viaggio con i suoi incontri, informazioni e disavventure, alla ricerca di quel qualcosa che deve sempre venire e sta sempre dietro l’angolo. Il viaggio come un cammino non prevedibile, dove si perde qualcosa ma si raccoglie cose pensieri e sensazioni che all’inizio non sembravano importanti.
Dal libro è stato tratto anche un film francese Nocturne indien diretto da Alain Corneau uscito nelle sale nel 1989, che ha ottenuto anche numerosi riconoscimenti.
Antonio Tabucchi (1943 -2012) scrittore autore di romanzi, racconti, saggi, testi teatrali, scrivendo anche per le pagine culturali di quotidiani italiani e stranieri. Considerato una delle voci più rappresentative della letteratura europea. Ha tradotto e curato l’edizione italiana delle opere complete di Fernando Pessoa. Recatosi a Lisbona, sviluppa per quella città e per il Portogallo una vera passione e dal 1985 al 1987 fu direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di Lisbona.
Fra i suoi libri: Piazza d’Italia (1975), Il piccolo naviglio (1978), Il gioco del rovescio (1981), Donna di Porto Pim (1983), Piccoli equivoci senza importanza (1984), Il filo dell’orizzonte (1986), I volatili del Beato Angelico (1987), L’angelo nero (1991), Requiem (scritto in portoghese, 1992), Sogni di sogni (1992), Sostiene Pereira (1994), Gli ultimi tre giorni di Fernando Pessoa (1994), La testa perduta di Damasceno Monteiro (1997), La gastrite di Platone (1998), Si sta facendo sempre più tardi (2001), Tristano muore (2004), Il tempo invecchia in fretta (2009), Viaggi e altri viaggi (2010), Racconti con figure (2012), L’automobile, la nostalgia e l’infinito (2015).
Ha ricevuto numerosi premi nazionali e internazionali e i suoi libri sono tradotti in tutto il mondo.
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