“L’odore dell’India” di Pier Paolo Pasolini
“L’odore dell’India” di Pier Paolo Pasolini, edito Guanda 1962, è poi uscito edito Garzanti con il titolo “L’odore dell’India con Passeggiatina ad Ajanta e Lettera da Benares” con l’integrazione di questi due manoscritti dell’autore. Due brevi testi scritti su carta intestata dell’albergo ad Aurangabad. Insieme con altri fogli sparsi stavano fra le pagine di un’agenda in pelle verde del 1961.
“Persuado Moravia a fare almeno due passi fuori dall’albergo, e respirare un po’ d’aria della prima notte indiana. Così usciamo sullo stretto lungomare che corre dietro l’albergo, attraverso l’uscita secondaria. Il mare è pacifico, non dà segno di presenza. Lungo la spalletta che lo contiene, ci sono delle automobili in sosta, e vicino ad esse, quegli essere favolosi, senza radici, senza senso, colmi di significati dubbi e inquietanti, dotati di un fascino potente, che sono i primi indiani di un’esperienza che vuol essere esclusiva come la mia.
Sono tutti dei mendicanti, o di quelle persone che vivono ai margini di un grande albergo, esperti della sua vita meccanica e segreta: hanno uno straccio bianco che gli avvolge i fianchi, un altro straccio sulle spalle, e, qualcuno, un altro straccio intorno al capo: sono quasi tutti neri di pelle, come negri alcuni nerissimi.”
Il 31 dicembre del 1960 Pier Paolo Pasolini parte con Alberto Moravia viaggiano per l’India. L’occasione è partecipare ad un convegno per la commemorazione del centenario della nascita di Tagore che si tiene a Mumbai. Moravia sarà inviato per conto del “Corriere della sera”, Pasolini del “Il Giorno”, il 16 gennaio saranno poi raggiunti da Elsa Morante.
Da questo viaggio, Moravia raccoglierà i suoi articoli in “Un’idea dell’India”, Pasolini trascriverà le sue impressioni di viaggio in questo volume.
“Un’idea dell’India”
Pasolini ripercorrerà giorno dopo giorno, tappa dopo tappa cosa è l’India alla luce dei suoi occhi, riportando le impressioni degli incontri, le sensazioni ed emozioni. Se l’analisi di Moravia è più scientifica (quest’ultimo aveva preparato con attenzione il viaggio) e lo scrittore nei suoi articoli cerca di spiegare, di capire e di dare una risposta agli interrogativi che si trova davanti. Al contrario Pasolini invece vuoi per il suo spirito artistico sensibile e libero, è più passionale, più colpito dalle piccole cose dell’India, da semplici gesti aspetti della quotidianità e sovente le sue riflessioni hanno al centro l’uomo indiano.
“Io non so bene cosa sia la religione indiana: leggete gli articoli del mio meraviglioso compagno di viaggio, di Moravia, che si è documentato alla perfezione, e, dotato di una maggiore capacità di sintesi di me ha sull’argomento idee molto chiare e fondate.
(…) Però posso dire una cosa: gli indù sono il popolo più caro, più dolce, più mite che sia possibile conoscere. La non violenza è nelle sue radici, nella ragione stessa della sua vita. Magari qualche volta difende la sua debolezza con un po’ di istrionismo o di insincerità: ma sono piccole ombre ai margini di tanta luce, di tanta trasparenza.”
Pasolini si sofferma molto sulle persone, numerosi sono i ritratti. L’autore è sempre alla ricerca di nuovo materiale umano, che diventano spunti per le sue riflessioni sulla religione, sulla morte, la cultura, la borghesia, l’ideale di bellezza indiano, gli intellettuali. Le sue osservazioni sono attente e mai banali, spesso tristi perché impotente davanti alla dura realtà indiana.
Tra le pagine del libro segnalo “Una rivelazione: il modo con cui gli indiani dicono sì” dove l’autore sintetizza il tipico cenno della testa dell’indiano, gesto di pace e di fraternità simbolo della filosofia di vita indiana.
“Basta guardare come dicono di sì. Anziché annuire come noi alzando e abbassando la testa, la scuotono circa come quando noi diciamo di no: ma la differenza del gesto è tuttavia enorme. Il loro no che significa sì consiste in un far ondeggiare il capo (il loro capo bruno e ondulato con quella povera pelle nera, che è il colore più bello che possa avere una pelle) teneramente: in un gesto insieme dolce: «Povero me, io dico di sì, ma non so se si può fare» , e insieme sbarazzino: «Perché no?» , impaurito: «È così difficile» , e insieme vezzoso: «Sono tutto per te». La testa va su e giù, come leggermente staccata dal collo, e le spalle ondeggiano un po’ anch’esse, con un gesto di giovinetta che vince il pudore, che si erige affettuosa. Viste a distanza le masse indiane si fissano nella memoria, con quel gesto di assentimento, e il sorriso infantile e radioso negli occhi che l’accompagna. La loro religione è in quel gesto.”
Nella sua continua ricerca di materiale umano, memorabili saranno le sue passeggiate notturne.
“Torniamo a Chattarpur che annotta. Io spero in una di quelle mie belle serate, in cui, mentre Moravia se ne va a dormire, io vado in giro, perdutamente solo, come un segugio dietro le peste dell’odore dell’India.”
Pasolini rimarrà molto colpito da questo viaggio, tanto che nel 1968 girerà un documentario sull’India per conto della rubrica televisiva Tv7. Il documentario “Appunti per un film sull’India”, in bianco e nero dove sono le immagini a parlare, spesso crude e violente con la voce narrante di Pasolini che raccorda i vari fotogrammi della pellicola.
Pasolini e Moravia
Al termine della lettura verrà certamente voglia di leggere “Un’idea dell’India” di Alberto Moravia per confrontare le impressioni che quest’ultimo ha riportato dall’India con quelle di Pasolini. Lo stesso viaggio la stessa India vista con occhi diversi. Esistono a proposito saggi e articoli che confrontano questi due reportage.
Noterete che si trattano di due letture diverse dell’India, a volte opposte. La scrittura di Pasolini è più passionale, religiosa, umana anche nel titolo del libro “L’odore dell’India” rimanda a questa sensibilità … e a tratti la lettura può risultare un po’ noiosa, ma Pasolini è così.
Moravia con “Un’idea dell’India” sembra quasi il suo opposto, è scientifico, razionale, distaccato, pragmatico, preciso, a volte cinico e distaccato. Forse una scrittura più vicina al classico reportage per come lo si è abituati ad intendere, forse più curata e attenta … e forse lascia a Pasolini la riflessione, la pietà umana … in fondo sono due letture complementari.
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[…] trovato un po’ di quello spirito orientale, decisamente mistico, che Hermann Hesse prima e Pasolini poi, avevano cercato in India molti anni […]
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