“Verso la cuna del mondo. Lettere dall’India” di Guido Gozzano
Tra il febbraio e l’aprile del 1912 Guido Gozzano a seguito dell’aggravarsi del suo stato di salute, decise di compiere un viaggio in India per cercare climi più adatti al suo stato di salute. La crociera, durata dal 6 febbraio 1912 fino al maggio seguente, compiuta in compagnia del suo amico Garrone non gli diede il beneficio medico sperato ma lo aiutò, comunque, a scrivere, con l’aiuto della fantasia e di molte letture. Nacquero le “Lettere dall’India“, che apparvero su “La Stampa” torinese del 1914 e vennero in seguito raccolte in volume e pubblicati postumi nel 1917 con il titolo “Verso la cuna del mondo“.
Siamo all’inizio del XX secolo l’India è sconosciuta ancora molto lontana per i mezzi di trasporto dei tempi per cui il testo serve a far conoscere ai lettori questa terra lontana, spiegare certi fenomeni per suscitare l’interesse del lettore.
“I signori dell’India non sono gl’Indiani. E non sono nemmeno gl’Inglesi. I signori dell’India sono gli animali. I corvi, anzi tutto; è l’impressione visiva e auditiva che si ha subito, appena sbarcati in una delle grandi Capitali: Bombay o Calcutta, Madras, o Rangoon. Incredibilmente numerosi, più numerosi dei colombi a Venezia, i corvi brulicano, nereggiano ovunque: nel porto, tra le balle di cotone e di spezie, nelle belle vie alberate di cocchi, nelle grandi piazze moderne; si dissetano, si bagnano starnazzando nelle vasche monumentali, orlando di nerazzurro i capitelli, le cimase, le guglie della frastagliata architettura gotico-indiana.”
Sono scritti in prosa, immagini di terre lontane visitate di persona e non, un libro che a distanza di quasi un secolo dalla sua scrittura conserva e trasmette tutti quegli elementi chiari e simbolici che riconducono all’India.
Certamente l’India di allora era diversa da quella di oggi, politicamente (era una colonia inglese e nella citazione appare Rangoon che adesso fa parte della Birmania), economicamente, aveva nomi diversi, ecc. ma, culturalmente, spiritualmente e in molti altri aspetti non sembra affatto cambiata.
Ancora oggi non si sa bene quanto sia durato il viaggio del Gozzano, quale sia stato il suo itinerario, quali immagini e prose siano frutto della sua fantasia combinate con le sue letture, reinventate e quali invece rappresentino una fotografia di quello che ha visto e vissuto, ma la lettura è piacevole e trasporta il lettore attraverso l’India tra riferimenti, citazioni, aneddoti, alla scoperta dell’altro del mondo sconosciuto e lontano dell’India e degli Indiani.
Il libro una sorta di diario di viaggio di un personaggio letterario, alcuni hanno azzardato il paragone con una sorta di “Viaggio di Gulliver“.
Il libro è diviso in capitoli: 15 capitoli che rimandano di fatto a 15 tappe scandita da luoghi, città, esperienze. Immagini dell’India a volte reale a volte di fantasia con numerosi riferimenti letterari che ritornano spesso in episodi e in parti del libro. Una lettura brillante ed interessante, e anche se scritta quasi cent’anni fa rimane più che mai attuale. In fondo passano gli anni ma i monumenti, i simboli i luoghi rimangano, certamente si evolvono e in parte cambiano ma aspetti come la spiritualità, la storia, la cultura e le tradizioni rimangano, per questo è una lettura consigliata.
La narrazione è limpida e lineare con suggestive descrizioni e spaccati di quotidianità molto intensi, Gozzano osserva molto e con attenzione e trascrive il tutto con minuziosi dettagli.
In questo viaggio intrapreso con la speranza di vedere migliorate le sue condizioni di salute, che rimarranno disattese, traspare in alcuni momenti la delusione interiore, emerge la contemplazione della morte che forse sente sempre più prossima. La malinconia, la tristezza con cui certi episodi o circostanze sono descritte rimanda forse ad una malinconia e alla stanchezza dell’autore
“Proseguiamo, passiamo dinanzi ad un’altra piattaforma di roghi – sono molte, ma quasi tutte deserte in quest’ora – altri templi, altri palazzi dominanti il fiume dall’alto come castelli feudali. Strana città rimasta intatta nei millennii, intatta nella sua pietra e nella sua fede! Altre città favolose esistono al mondo, dinanzi alla quale si esalta la nostra fantasia; ma solo il fantasma di quelle che furono. Benares è oggi qual’era nella notte dei tempi ariani. Quando in Grecia si celebravano i riti dionastici, quando a Roma le feste arvali, quando Tebe offriva olocausto a Ita, Benares già splendeva sulla riva del Fiume-Dio, come oggi; come oggi la sua folla scendeva nelle acque sacrea meditare il mistero del divenire.”
Nell’edizione della Bombiani di “Verso la cuna del mondo. Lettere dall’India”, molto bella e interessante la lettura della prefazione “La lettura come malattia cronica: la “tabe letteraria” di Guido Gozzano viaggiatore in India” di Roberto Carnero, dove si affronta il problema delle origini e dei riferimenti del testo.
Con Pier Paolo Pasolini autore di “L’odore dell’India“, Alberto Moravia con “Un’idea dell’India” e ad un livello forse un po’ più basso Giorgio Manganelli con “Esperimento con l’India” abbiamo un altro modo di rappresentare e vedere l’India. L’india della terra lontana, dell’oriente che affascina, che attira, che contagia. Certamente c’è una distanza temporale tra le visite e gli scritti ma sono tutti ottime letture per iniziare a capire e comprendere il mondo India.
Guido Gozzano nato a Torino nel 1883, qui trascorse tutta la sua vita tranne che per brevi viaggi all’estero morendo nel 1916 di tubercolosi, malattia che lo accompagnò lentamente negli ultimi dieci anni della vita. Nel 1907 pubblicò la prima raccolta di versi, La via del rifugio, che gli assicurò subito successo di pubblico e di critica. Ma la sua poetica si definì in termini più precisi e originali nei Colloqui, una raccolta del 1911, che contiene alcune delle sue composizioni più famose. Seguirono i Tre talismani, 1914, e postumi La principessa si sposa, 1917; L’altare del passato, 1918; L’ultima traccia, 1919) e l’incompiuto Le farfalle.
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